Open source? Cos’è? Ma si mangia?

Il termine open source, entrato da poco più di una decina d’anni anche nel lessico di ambienti non strettamente informatici, non è di facile disambiguazione, innanzitutto perché può assumere significati lievemente diversi rispetto al contesto di utilizzo, successivamente perché, avendo una storia relativamente giovane, è spesso vittima di facili pregiudizi.
In informatica open source indica un software per cui è possibile l’accesso al codice sorgente, ovvero rilasciato secondo determinate licenze che ne permettano lo studio e la modifica da parte di utenti terzi rispetto agli autori.
I software che siamo abituati a usare sono codificati in modo tale da poter essere capiti ed eseguiti dai computer, in sostanza sono composti di sequenze di zero e uno (linguaggio binario 0101001111001). Ovviamente i programmatori non scrivono in linguaggio binario ma utilizzano linguaggi di programmazione ad alto livello per scrivere tali programmi, quindi comprensibili da un essere umano. Il codice scritto con questo linguaggio è chiamato codice sorgente.

La metafora della torta*

Usando una metafora, immaginiamo per un momento di voler comprare una torta di compleanno per un nostro amico. Andando in pasticceria troviamo un vasto assortimento di torte diverse, purtroppo però su quelle con scritto Buon Compleanno c’è la frutta, che al nostro amico non piace, mentre le altre, alla cioccolata, sono decorate con la scritta Felice Anno Nuovo. Potremmo chiedere al pasticcere di fare una torta appositamente per noi, ma questo richiederebbe tempo e denaro in più.
Potremmo decidere invece di fare una torta per conto nostro, utilizzando come base la ricetta di un’amica e aggiungendo alcuni ingredienti che piacciono molto al nostro amico. Una volta preparata la torta potremmo anche scegliere di diffondere la ricetta per aiutare chi si trovasse in una situazione simile alla nostra.
In sostanza questo è l’approccio open source: abbiamo una ricetta (codice sorgente), fornita da qualcuno, a cui possiamo apportare delle modifiche e poi ridistribuire per aiutare altre persone.
Certamente non tutti sappiamo cucinare o potremmo non avere il tempo per farlo (ed è per questo che esistono diversi tipi di pasticcerie), tuttavia è evidente il vantaggio derivante dalla possibilità di avere accesso alla ricetta.
Proprio grazie ai molteplici vantaggi rappresentati dall’open source, sono nati nel tempo diversi movimenti, talvolta in contrasto sull’uso del termine, ma accomunati dall’obiettivo di diffondere tali vantaggi.
 
* liberamente adattata da Colford, Scot [2009] Explaining Free and Open Source Software, “Bulletin of the American Society for Information Science and Technology”, 35 (Dec./Jan. 2009), n. 2, pp. 10-14.

Il termine open source, entrato da poco più di una decina d’anni anche nel lessico di ambienti non strettamente informatici, non è di facile disambiguazione, innanzitutto perché può assumere significati lievemente diversi rispetto al contesto di utilizzo, successivamente perché, avendo una storia relativamente giovane, è spesso vittima di facili pregiudizi.
In informatica open source indica un software per cui è possibile l’accesso al codice sorgente, ovvero rilasciato secondo determinate licenze che ne permettano lo studio e la modifica da parte di utenti terzi rispetto agli autori.
I software che siamo abituati a usare sono codificati in modo tale da poter essere capiti ed eseguiti dai computer, in sostanza sono composti di sequenze di zero e uno (linguaggio binario). Ovviamente i programmatori non scrivono in linguaggio binario ma utilizzano linguaggi di programmazione ad alto livello per scrivere tali programmi, quindi comprensibili da un essere umano. Il codice scritto con questo linguaggio è chiamato codice sorgente.
Usando una metafora, immaginiamo per un momento di voler comprare una torta di compleanno per un nostro amico. Andando in pasticceria troviamo un vasto assortimento di torte diverse, purtroppo però su quelle con scritto Buon Compleanno c’è la frutta, che al nostro amico non piace, mentre le altre, alla cioccolata, sono decorate con la scritta Felice Anno Nuovo. Potremmo chiedere al pasticcere di fare una torta appositamente per noi, ma questo richiederebbe tempo e denaro in più.
Potremmo decidere invece di fare una torta per conto nostro, utilizzando come base la ricetta di un’amica e aggiungendo alcuni ingredienti che piacciono molto al nostro amico. Una volta preparata la torta potremmo anche scegliere di diffondere la ricetta per aiutare chi si trovasse in una situazione simile alla nostra.
In sostanza questo è l’approccio open source: abbiamo una ricetta (codice sorgente), fornita da qualcuno, a cui possiamo apportare delle modifiche e poi ridistribuire per aiutare altre persone.
Certamente non tutti sappiamo cucinare o potremmo non avere il tempo per farlo (ed è per questo che esistono diversi tipi di pasticcerie), tuttavia è evidente il vantaggio derivante dalla possibilità di avere accesso alla ricetta.
Proprio grazie ai molteplici vantaggi rappresentati dall’open source, sono nati nel tempo diversi movimenti, talvolta in contrasto sull’uso del termine, ma accomunati dall’obiettivo di diffondere tali vantaggi.
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